Borgo Rossini stories
Il quartiere si racconta attraverso le voci delle personeQuindici anni
di Nadia Venturini
Sono arrivata a Borgo Rossini quindici anni fa. Ammetto che non conoscevo il quartiere, la scelta era stata dettata dal desiderio di avvicinarmi al luogo di lavoro. L’unico punto di riferimento che avessi allora era la sede della Cgil. Abbiamo fatto il trasloco due giorni prima di Natale, in un clima gelido e poco accogliente, in modo da poter utilizzare le vacanze per disfare gli scatoloni (di cui gran parte erano pieni di libri, e sono rimasti per mesi su un grande balcone coperto).
Il palazzo era nuovo e pochissimi erano gli abitanti già insediati. Ci sentivamo un po’ pionieri, sensazione che si è accentuata quando abbiamo fatto un giro per scoprire come procurarci cibo, in vista della chiusura dei negozi.
Abbiamo presto scoperto che corso Regio Parco era disseminato di saracinesche chiuse, un’impressione desolante. Per fortuna c’erano la farmacia e l’edicola, due servizi fondamentali, che ci sono tuttora. All’inizio del corso c’era già allora un piccolo supermercato, ma il nostro problema era come trovare pentole o padelle nella confusione degli scatoloni che ci impedivano di andare da una stanza all’altra. C’era ancora nel quartiere un negozio di casalinghi, dove rimediammo una pentola tuttofare, che utilizzammo per cucinare surgelati. Minestre, paelle, cacciucchi, tutto quello che era disponibile al supermercato ed era indispensabile per superare Santo Stefano. Nei giorni seguenti scoprimmo il birrificio di via Parma, con i suoi giganteschi hamburger.
Ma vera scoperta fu la pasticceria Raspino: per due golosi come noi era il paradiso terrestre, oltre che un regno di dannazione, perché aumentammo di qualche chilo in pochi mesi.
Dopo le vacanze ci fu la riapertura del caffè Torre, che è famoso in tutta Torino per i gelati e le granite. Quando cerchiamo di spiegare dove abitiamo – Borgo Rossini, dopo l’ansa della Dora, dopo il ponte da cui si va in via Catania, tristemente nota ai torinesi come la strada che conduce al camposanto – ecco, queste spiegazioni risultano inutili. Finché i nostri interlocutori esclamano: «Ah, ma allora siete vicini a Torre!».
La situazione è rimasta piuttosto invariata per alcuni anni, andavamo a far la spesa in Vanchiglia, quartiere limitrofo, al di là della Dora, con alcuni caratteri comuni, le case d’epoca non troppo alte, non troppo eleganti, un’enclave della vecchia Torino piuttosto vicina al centro, ma con una sua identità sommessa. La differenza maggiore fra i due quartieri stava nel fatto che Borgo Rossini era stato un quartiere di precoce industrializzazione, dove sopravvivono molte ‘boite’ ancora attive.
Si andava a fare passeggiate sul Lungo Dora, che resta il piccolo ‘polmone verde’ del nostro quartiere, il luogo dove transitano ciclisti (troppo veloci) e molti cani assai simpatici.
Tuttavia per me la vera bellezza di Borgo Rossini in quegli anni era il mercato dei fiori, all’angolo fra via Modena e via Perugia. Oggi è rimasto un capannone vuoto e desolato, che potrebbe diventare un centro di aggregazione per il quartiere, ed invece resta il vuoto contenitore di una gloria perduta.
Entrare al mattino nel mercato dei fiori era qualcosa che ti rimetteva in pace con la vita, qualunque fossero le tue preoccupazioni. A seconda delle stagioni, trovavi una ricchezza di colori e di forme: piccole piante in vaso da trapiantare sul balcone, trionfi di viole del pensiero in primavera, crisantemi multicolori in autunno. In estate si allungavano in tutta la loro eleganza i sottili steli delle calle, culminanti nel fiore bianco più seducente del mondo. In quasi tutte le stagioni si potevano trovare distese di tulipani arrivati dall’Olanda, ed era difficile resistere alla tentazione di portarne a casa un mazzo, anche se per ragioni ignote non avevo mai comprato un vaso per fiori.
Il mercato sparì all’improvviso, neanche il tempo di un’ultima passeggiata, trasferito in qualche luogo dell’area metropolitana dove sicuramente non potrà avere la grazia modesta che aveva qui a Borgo Rossini.
Intanto il quartiere è cambiato molto. L’apertura del Campus Luigi Einaudi, CLE per gli amici, ha portato frotte di giovani. Con i giovani sono arrivati locali di ogni tipo, a tutti gli angoli, piadine, pizze al taglio, una torteria dove si riparano biciclette, e vi garantisco che è vero.
Soprattutto, è arrivata una libreria. Abbiamo una libreria di quartiere, situata davanti allo spiazzo da cui inizia via Catania. Si chiama Il ponte sulla Dora, e non potevano trovare un nome più bello.