Borgo Rossini stories
Il quartiere si racconta attraverso le voci delle personeDifficili da contare
di Giusi Marchetta
Non è facile contarci noi del Borgo Rossini. Questo perché siamo in tanti, sempre: sul marciapiede, nei viali alberati, in piazza. Molti sono visibili, altri no. Questo rende confuso ogni tentativo di calcolo.
Proverò comunque a fare un rapido censimento di questi residenti a partire dalla piazza sulla Dora, la stessa che anziani e ragazzi si dividono equamente nel corso della giornata dandosi il cambio per non intralciare le reciproche attività.
Durante questi ultimi mesi in isolamento, il numero approssimativo dei residenti visibili in piazza era vicino allo zero mentre gli invisibili parevano un centinaio, costringendo il raro passante a un difficilissimo slalom tra gli studenti seduti a terra con uno o più cocktail e gli anziani che, per una strana sovrapposizione temporale, si trovavano nello stesso momento a litigarsi le panche, finché ogni distinzione tra i due gruppi non risultava risibile. Così era possibile a un orecchio non distratto sentire gli studenti discutere sul significato profondo della Resistenza e quelli con più primavere sulle spalle condividere il più recente mal di cuore, inteso come amore non ricambiato (patologia che purtroppo non conosce età).
Altrettanto impegnativo sarebbe fare il conteggio dei bambini invisibili che si rincorrevano in questi giorni di quarantena intorno alla vasca di via Reggio. Certo, meno difficile che tenere a mente per mesi a chi sarebbe toccato stare sotto a nascondino se davvero ci si fosse rivisti il giorno dopo: non invidio i bambini più pignoli sul rispetto dei turni e delle regole che sarebbe giusto rispettare. Spero che dimenticheranno tutto appena torneranno abbastanza visibili per nascondersi e farsi cercare.
Impensabile assegnare un numero agli occupanti dei tavolini, dei dehors delle enoteche e dei bar. A giudicare dagli echi dei “buongiorno” e “come va” che ancora permeano l’aria dei viali direi che raggiungiamo il milione di abitanti per metro quadro. Ma potrei sbagliarmi.
È comunque la libreria di Rocco Pinto la parte più misteriosa del borgo da questo punto di vista. Perché è proprio nella libreria chiusa che ho visto più gente in questi mesi in cui passandoci davanti pareva completamente vuota. C’erano, invisibili, i soliti avventori a cui manca solo un nome per essere identificati dalla sottoscritta; c’erano gli amici incontrati sempre al momento di entrare o di uscire. C’era sempre Francesco Forlani come un più uno che non potrà mai abitare in nessun’altra parte del mondo che non sia il borgo. C’era la folla degli scrittori invitati in questi anni a litigarsi la panca troppo stretta dell’ospite d’onore (bisognerà che Rocco si inventi qualcosa per farceli stare tutti dentro, loro e tutti quelli che verranno).
A complicare questo tentativo di calcolo, poi, ci si mettono anche gli autobus pieni di studenti invisibili. Da invisibile, anch’io li guardo passare la mattina, come quando li raggiungevo sperando che i passeggeri fossero un po’ meno per non perdere la corsa, trovandone sempre tanti ma scoprendo che alla fine, per quanto numerosi sul 19 o sul 68, stringendoci ci stavamo tutti.
Insomma, non è facile contarci noi del borgo Rossini, come vedete. È un calcolo al di fuori delle mie possibilità.
Magari questa confusione finirà a settembre quando torneremo insieme, visibili e invisibili. Lo spero. Certo, non si risolverà proprio tutto: qualcuno mancherà, lo so. Continuerà a mancare. Qualcuno che ha vissuto nel borgo e non vive più resterà invisibile.
Non per me ovviamente. In questi mesi mi sono abituata a contare anche quelli che non vedo. Per tutti i giorni che verranno porterò con me questa persona invisibile. Verrà con me a fare la spesa, a prendere il caffè. La mattina mi accompagnerà fino alla fermata, aspetterà con me l’autobus e se qualcuno ci vedrà ci conterà come una sola persona, ma io non me la prenderò perché contare qualche volta è terribilmente difficile.