Barriera stories

Barriera di Milano si racconta attraverso le voci delle persone

La mia vita in piazza Foroni

di Vincenzo Torraco

 

Sono uno di Barriera fin dal primo istante di vita, visto che sono nato in casa, in via Muzio Clementi, nel 1964. Tre mesi e ci siamo trasferiti in via Monte Valderoa e poco dopo in via Brandizzo, dove tuttora vivo.

Mio padre e mia madre erano arrivati da Orta Nova, un piccolo paese a pochi chilometri da Cerignola, per raggiungere mio zio Rocco, già attivo con una licenza, prima itinerante e poi col posto fisso, per vendere verdura in piazza Foroni.

A scuola ho cominciato ad andare alla Gabelli ma dopo soli tre giorni hanno aperto la scuola elementare in via Paisiello, dove oggi c’è una scuola elementare salesiana. Ricordo quando con i compagni della scuola e dell’oratorio andavamo a fare gare di ciclocross nei prati, dove adesso sorge il campo di calcio della società Centrocampo. Era veramente tutta campagna. Poi ho frequentato le medie alla Baretti e nel 1979, mentre facevo il primo anno dell’istituto tecnico industriale, mio padre è morto. Mia madre voleva che io continuassi gli studi ma il lavoro della piazza mi attirava, ho deciso di abbandonare la scuola per dare una mano alla famiglia.

È un lavoro duro ma non potrei farne a meno. Mi alzo tutte le mattine alle 2.30, mi preparo e verso le 3 parto per andare a rifornirmi al CAAT in corso Allamano, attivo dalle 3.30; a volte magari sono andato fuori a cena con la famiglia e gli amici, torno, faccio una doccia e non vado neanche a dormire.

Il banco, come gli altri della piazza, viene montato e smontato da una cooperativa, così posso dedicarmi agli acquisti delle merci da vendere ed avere il tempo per scegliere il meglio.

Le anime della Barriera sono tante, ci sono più Barriere. La zona delle case di ringhiera, una volta abitate soprattutto dagli immigrati venuti dal sud per lavorare a Torino, ora quasi tutte occupate da emigranti stranieri. Poi le case popolari di via Pacini, di corso Taranto e la zona nata alla fine degli anni ’70 con i complessi di via Ponchielli, via Leoncavallo, via Tollegno, via Cimarosa. 

Barriera è sempre stata vista come un problema, con difficoltà a viverci. Ma chi dice che oggi si vive male non ricorda cosa fossero gli anni Settanta e Ottanta; il mercato di piazza Foroni in quell’epoca era disposto diversamente. Chi faceva una rapina – ce n’erano  tutti i giorni – lo sapeva e con le moto scappava attraverso i pochi spazi liberi della piazza, facendo perdere le tracce alle auto di polizia che si dovevano fermare. Adesso c’è una certa microcriminalità ma non è niente in confronto ad allora: spaccio e qualche borseggio ma in un’area ben delimitata.

Il mercato, a partire dagli anni ’90 ha iniziato a cambiare fisionomia; piano piano da allora sono iniziati i buoni rapporti con la Circoscrizione, a cominciare da quando era presidente Eleonora Artesio. Soprattutto con Nadia  Conticelli ci sono stati molti momenti di incontro e confronto, anche serrato. Quando fu dato l’avvio al progetto Urban, in cui era prevista la riqualificazione della piazza del mercato, il gruppo compatto di ambulanti ha protestato e si è impuntato. Così abbiamo ottenuto numerosi cambiamenti ai progetti iniziali e i risultati si vedono oggi.

Questo ha permesso a piazza Foroni di essere l’unico mercato in Torino che, dopo una certa riqualificazione, non è morto come quelli di piazza Crispi e corso Taranto, in cui il Comune è intervenuto senza un confronto.

Il mercato non è cambiato solo nella sua struttura, si è sempre adeguato ai cambiamenti sociali. Quando sono arrivati i tanti meridionali, anche gli operatori piemontesi hanno cambiato l’offerta di prodotti. Ricordo di un contadino di Rivalba, Domenico, che scoprì quanto piacesse la Borragine ai meridionali. Smise di coltivare i campi e andava a raccoglierla in giro per i prati, vendendone anche 15 cestoni di quelli per il pane. Ora ci sono molti operatori magrebini che hanno sostituito i venditori ambulanti che hanno lasciato, perché ai figli questo lavoro non piace. Anche loro continuano a vendere i prodotti locali o quelli che arrivano dal sud: riescono a vendere le cime di rapa ai loro connazionali!

Sono in questo mercato da più di 40 anni  e oggi sono presidente dell’ Associazione “La piazza Foroni” e della commissione di mercato. Mi piace stare in mezzo alla piazza, avere contatti umani. Fin da quando ero bambino vedo il negozio di prodotti alimentari della signora Pina, la più anziana anagraficamente tra i commercianti; dietro di me c’è Nicola che produce tutti i giorni i migliori taralli della città. Ci sono i pescivendoli di origine comacchiese, il banco di Carmine con i suoi prodotti calabresi, la merceria con un assortimento tale che qui vengono a comprare da tutta la città.

Il mercato resiste e lotta contro la desertificazione commerciale della Barriera; è facile e comodo comprare attraverso Amazon, ma poi le piccole botteghe chiudono, si creano zone dove è facile si infiltri la delinquenza. Molti studenti del nuovo polo universitario sono venuti ad abitare qui perchè gli affitti sono ancora bassi; molti sono miei clienti e mi dicono che non la lascerebbero mai.

Ripeto, è un lavoro duro, ma dietro al mio banco in piazza Foroni mi sento al centro di un mondo.

Wikimedia Commons/Progetto artistico Opera Viva in piazza Bottesini