Giuseppe Lupo

Il pioppo del Sempione

Aboca

Racconto ambientato in una provincia letterariamente insolita, la parte a nord-ovest di Milano, dove  tra industrie calzaturiere e tessili scorrono l’Olona e il canale Villoresi.
Non manca l’osteria per i camionisti dei tanti veicoli che percorrono la statale 33 del Sempione e poi il luogo centrale, l’aula di un corso serale di italiano per stranieri che arrivano dalle periferie del mondo, Iraq, Albania, Costa d’Avorio.

Nell’aula arriva spesso un Nonno, più di nome che di fatto, che siede tra i banchi con gli allievi stranieri. Un vecchio che, come il pioppo a cui fa spesso riferimento, “ha dalla sua parte i grandi inverni padani con una nebbia che più nebbia non si può”. Si fa chiamare Paplush che da quelle parti indica il fiore del pioppo (il pappo) che assomiglia ad un leggero batuffolo di cotone e che in primavera vola nell’aria dando l’illusione di una nevicata: “Le manine sono su e l’inverno non c’è più” dice uno dei ragazzi nella scena iniziale dell’Amarcord di Fellini raccogliendo uno dei fiori  la cui forma ricorda una piccola mano.

Sera dopo sera Nonno Paplush racconta brani della sua vita: il lavoro, l’amore ma anche il Trofeo Bernocchi che ha visto più volte passare su quelle strade. Gli studenti sono attratti dalle sue parole che sostituiscono quelle del professore e diventano le vere e proprie lezioni tanto da stimolare ognuno a raccontare a sua volta ricordi della propria vita lasciata in lontani paesi assieme ai famigliari.

Lupo ha probabilmente scelto il Pioppo, il cui nome scientifico Populus sta per Arbor populi – albero del popolo –, per ricordarci che, così come la sua lanugine bianca  viaggia nell’aria per dare vita ad altri pioppi, raccontare, seminare parole, crea memoria per prolungare la vita.
(di Beppe Turletti)