Barriera stories
Barriera di Milano si racconta attraverso le voci delle personeUn quartiere che ti entra dentro e non ti molla più
di Alessandro Cagno
Il mio più che un racconto vuole essere un elenco dei miei posti del cuore che maggiormente mi legano e che più ho frequentato in Barriera. Parliamo della Barriera degli anni ’90 e di inizio millennio, della nuova ondata di immigrazione successiva a quella delle campagne, del nord est e poi del sud Italia. Tra l’altro la mia famiglia giunse a Torino (e la famiglia di mio papà in modo particolare in Barriera di Milano) proprio sull’onda della migrazione dalle campagne, nel mio caso dall’astigiano.
La mia Barriera inizia nella casa natale in via Monte Nero, l’asilo dalle suore Immacolatine di via Vestignè con i primi amichetti, ovviamente del quartiere, con cui sarei andato anche alle elementari alla Gabelli. Nel frattempo c’è il trasloco in via Monte Rosa, il catechismo sempre dalle Immacolatine con la frequentazione della Pace (per compiacere le suore) e del Michele Rua (nettamente più comodo) con l’oratorio e l’indimenticabile don Virgilio e gli ultimi anni di don Martano.
Poi ci sono i cinema: l’Adua ed il Ciak per le prime visioni, ma anche il Monterosa ed il Lanteri come sale parrocchiali. Il bowling di via Leinì, la cui zona avrei frequentato con regolarità negli anni a venire come collaboratore di un settimanale sportivo locale, i giardinetti di largo Sempione con Nano e le sue giostre ed il mercato di piazza Foroni. Poi ancora il tram 4 usato per attraversare la città da un capo all’altro per andare a trovare i nonni materni a Mirafiori sud, il Giovanni Bosco presenza costante per chi abita questa parte di quartiere. Ed ancora le auto parcheggiate al centro di corso Giulio Cesare: sembrano passati secoli!
Altri ricordi sono le botteghe del rione: alcune tengono botta, altre purtroppo si sono arrese alla crisi ed all’età dei loro titolari. Con particolare affetto ricordo la mitica coppia di negozi di via Monte Nero: Giovanni il macellaio e Maria la lattaia e poco oltre pasticceria DeGrandi all’angolo con corso Giulio.
Gli anni recenti mi hanno portato a lavorare via da Torino, ma c’è sempre un rapporto speciale con la mia Barriera: la speranza della linea 2 della metropolitana con il tanto agognato recupero del trincerone. L’incontro con don Luca della parrocchia della Risurrezione ed il suo immenso lavoro per la gente del quartiere e per i ricoverati ed il personale del Giovanni Bosco. Ma anche gli aperitivi domenicali alla rotonda di via Mercadante su cui si affacciano due pasticcerie con i loro dehors.
I fatti di cronaca che ti inseguono anche a 400 km di distanza e alimentano questo legame particolare con il quartiere, anche perchè in Barriera vive ancora la mia famiglia. Mamma e papà in pensione: lei una vita alla Gabelli e poi altre scuole della circoscrizione 6, mio papà legato al mondo del Michele Rua prima come allenatore di calcio e poi al circolo uomini. E poi mia sorella follemente innamorata della Barriera e guai a chi gliela tocca!
Rimanendo in ambito familiare come non ricordare la casa popolare di mio nonno paterno in via Pietracqua e l’appartamento in via Viriglio di una zia paterna che è stata una vera e proprio nonna…
Io ringrazierò sempre la ricchezza e la crescita culturale che mi ha dato questo quartiere fin dagli anni delle elementari grazie a compagni di classe provenienti da Brasile, Uruguay e Marocco. Questa amalgama in giovane età ha sicuramente influenzato positivamente la mia formazione e la mia visione del mondo.