Borgo Rossini stories
Il quartiere si racconta attraverso le voci delle personeTorino-Parigi, andata e ritorno
di Cecilia Russo
Per chi ha vissuto in provincia andare a Torino significava affrontare un grande viaggio: un’impresa che poteva comportare un’ora di 36 o un percorso a piedi e poi un treno e poi un tram. Raggiunta l’età adulta ci si rende conto di poter vivere nella grande città ed è un po’ come sentire di avere tagliato un grande traguardo.
Dopo aver trascorso un periodo di vita all’estero, ed essere rientrata con molta malinconia in Italia, ho capito che il luogo dove avrei abitato avrebbe dovuto avere qualcosa di francofono e c’è un quartiere che ha dei viali e un lungo fiume molto parigini: quel posto non è solo un quartiere, è un borgo. La scelta di vivere in questo posto è stata istintiva e passionale. Le strade e i negozi del mio quartiere sono come le camere di una casa, la tua casa.
Così, quando la giornata è stata difficile, o quando è necessario riordinare le idee non c’è niente di meglio che tornare a casa propria.
Immaginate una casa con un’enorme cucina, con un frigorifero sempre pieno che ti permette di mangiare cibi sempre diversi. Se è sabato sera allora ci si potrà gustare una bella pizza da Dogana Grimm, dove la cameriera non è solo una semplice cameriera ma è la tua ex vicina di casa. Con un semplice sorriso ci si scambia anni di vita passati una sopra all’altra, divise soltanto da un soffitto. Ma magari è domenica sera, c’è stato un lauto pranzo, un cinema alle 18.00 e allora è troppo tardi per una cena, ma non si può andare a letto a stomaco vuoto. Così si va in Lumeria, per stuzzicare qualcosa di sano, per bere un bicchiere, ma soprattutto per chiacchierare con Lucio, il proprietario, della musica messa la sera prima ad una festa o confrontarsi sulle paure per il futuro.
In questa casa c’è una fornitissima cantinetta dove sono custoditi molti infusi e alcolici insoliti, questo caveau si chiama Ca’Mais e se hai la fortuna di passarci il venerdì sera ci troverai un gruppo di amici che improvvisa musica.
Come ogni appartamento che si rispetti è necessario un salotto, possibilmente pieno di amici. Per me quel salotto è Flamingo, un negozietto ricolmo di vestiti colorati dove Federica, la proprietaria, e Freccia, il bellissimo labrador, ti accoglieranno per provare tutto ciò che vorrai e soprattutto per raccontarsi come scorre la vita.
Il mio studio sono le panchine di via Catania, dove preparare un esame cullati dalla frescura degli alberi ti farà viaggiare verso luoghi inesplorati. Al fondo dello studio è possibile scorgere un’immensa libreria, immensa non per dimensioni, ma per le porte che quel luogo potrà aprirti, perché non c’è niente di meglio, quando si è indecisi se leggere un libro oppure no, che guardare negli occhi un amico e dirgli “ma l’ultimo Carofiglio com’è?” e lui ti dirà “non male, ma leggi questo, è un tomo, ma non te ne pentirai”. Tu gli darai ascolto e comprerai quel libro da 800 pagine che forse non aprirai mai, ma è quel libro che ha vinto quel premio di cui tutti parlano, e poi me l’ha consigliato Rocco, quindi va bene così.
Se capiterà di aver bisogno di qualche strumento per qualche lavoretto improvviso, non ci si potrà negare un giretto nello stanzino degli attrezzi che ovviamente sarà la ferramenta Carcano, dove i ragazzi riusciranno a farti domande sempre talmente specifiche che non ci sarà volta in cui entrando lì non ti sentirai del tutto impreparata.
Al fondo di via Catania c’è l’album dei ricordi, dove i nonni dormono e dove fanno da custodi alla nostra abitazione.
Questa casa non ha la camera da letto perché da qualche anno a questa parte Borgo Rossini non dorme mai, ma non tanto per il baccano fatto dai giovani, arrivati alle Panche attratti dalla movida. No, questo quartiere non dorme perché qui sono arrivati gli artisti: architetti, musicisti, grafici, fotografi e ballerini di tango e queste menti non si spengono mai, perché soprattutto nei sogni creano. Così questo posto un po’ torinese, un po’ parigino, è il luogo giusto dove fermarsi. Dove fare famiglia, perché se per educare un bambino è necessario un intero villaggio, questa casa è piena di abitanti straordinari.