Borgo Rossini stories

Il quartiere si racconta attraverso le voci delle persone

Caro nonno

di Flavia Foti

 

Ciao nonno, come stai?
Qui stiamo tutti bene, non preoccuparti, sì, è proprio un momento particolare, bisogna stare a casa, abbiamo un po’ paura, ma passerà. So che tu da lassù ci proteggi.
Lo sai che mi piace scriverti, e io so che a te piace leggermi.
In questi giorni il tuo Borgo è davvero surreale, nonno, credo che tu non l’abbia mai visto così.
Il viale è silenzioso, i passerotti scorrazzano liberamente, non ci sono i bambini che li rincorrono. La tua scuola è chiusa, nonnino, la campanella non suona e non ci sono le mamme all’uscita ad aspettare i bambini che corrono fuori rumorosi. Non c’è la coda davanti alla gelateria per le prime granite di stagione.
Tutto è silenzioso.

Sul Lungo Dora la primavera è sbocciata, gli alberi sono carichi di foglie e fiori nuovi, i tigli si preparano a fiorire, i ciliegi sono già fioriti. Le anatre riposano tranquille lungo le sponde, nessuno le disturba.
Il tuo Borgo è bello anche così nonno. Ci abbraccia e ci protegge, e noi lo ammiriamo dalle nostre case.
Sono sicura che si stia preparando e si stia facendo ancora più bello per accoglierci quando usciremo tutti, nuovamente.

I tigli saranno in fiore e si sentirà il loro profumo dolcissimo per tutte le vie, i bambini andranno in bicicletta lungo il viale e giocheranno a pallone, facendo sobbalzare le signore sedute sulle panchine a chiacchierare.
Ci compreremo la granita alla fragola, rigorosamente con la panna e con la brioche e ce la gusteremo passeggiando al fresco lungo il fiume.

I bambini dopo la scuola vorranno andare in piazzetta a giocare e sarà difficile convincerli poi a tornare a casa, finché non tramonterà il sole dietro alle case sul fiume.
Faremo una grande festa, una cena dei vicini mai vista prima, porteremo i tavoli per le strade e ognuno porterà da bere e da mangiare e qualcuno suonerà e canterà, i bambini correranno tutto intorno e danzeranno.
Sarà bellissimo, nonno, tu ci guarderai da lassù e sono sicura che ti scapperà da ridere.

Questo è il posto che io chiamo casa. Questo quartiere che era la tua casa. Questo Borgo che io inconsapevolmente ho amato la prima volta che lo vidi, senza sapere fosse già stato “tuo”.
Cammino per le vie che calpestavi tu, accompagno Chiara a scuola, nella scuola dove insegnavi tu, ed ogni volta ti cerco, cerco qualcosa che mi parli di te, ti immagino tra i tuoi alunni e ti sento vicino.
E allora penso che gli eventi della vita facciano dei giri immensi e che possiamo capirne il senso solo alla fine, quando il cerchio si chiude. Ed ora io l’ho capito che tante vicissitudini mi hanno portato da te, e che non avrei voluto nessun’altro luogo da chiamare “casa”.