Borgo Rossini stories
Il quartiere si racconta attraverso le voci delle personeAttraversa il ponte
di Silvia Garda
Per tutti gli anni dell’Università, tranne una piccola parentesi a San Salvario, ho abitato in un alloggio con altri studenti su corso Regina Margherita. Il palazzo era quello accanto alla Chiesa, il mio balcone e la mia camera da letto affacciavano sulla Dora. Da lì guardavo tutti i giorni il palazzo giallo, d’epoca, con la lanterna sul portone e mi chiedevo chi ci potesse abitare, per me era lo stabile più bello di tutti.
Ancora adesso ne sono sicura.
In Borgo Rossini non ci mettevo piede, era l’epoca in cui oltre la Dora era un posto brutto, buio, pericoloso. Ci abitavano degli amici, in via Parma, ma facevamo in modo di trovarci sempre dall’altra parte del ponte. Dopotutto il Rossini era comodo, la birra buona e l’aperitivo a un prezzo fantastico.
Poi abbiamo comprato casa, qui costava un po’ di meno, come distanza cambiava poco e ci siamo detti: proviamoci. Dove c’era Rocco c’era una cartoleria, al posto della Lumeria all’inizio non c’era nulla, poi una gastronomia da asporto, la prima che permetteva di ordinare via e-mail. Era il 2007 ed era una cosa grandiosa, poi una rosticceria, un negozio bio e di nuovo il vuoto per tanto tempo.
Agli amici che ci venivano a trovare dicevamo: hai presente via Rossini? Ecco, falla tutta, arriva al Rossini, attraversa il ponte, passa una piazza semicircolare, arriva alla piazza con la fontana triangolare e sei arrivato.
Sotto il mio palazzo c’era (quello c’è ancora) il negozio di ornamenti funebri, in corso Regio Parco il DixDi. Questo è uno di quei particolari che permette di capire chi è che abita il borgo da tanto tempo e chi invece da poco. Se alla frase, vado al DixDi annuiscono vuol dire che almeno una decade della loro vita è stata qui.
Io ho sempre creduto, sperato, che la mia vita torinese fosse solo una parentesi, il sogno di tornare a casa mia è sempre presente e credo non mi lascerà mai, ma qui sono riuscita a ricreare un po’ quello che ho sempre sognato. Passeggio nel viale, ho i bar dove sanno che nel caffè metto lo zucchero di canna e quindi con la tazzina mi avvicinano subito la bustina giusta, i miei bambini che sono nati qui (uno letteralmente è nato qui) amano via Catania, la piazzetta come se fosse parte della loro stanza, con alcuni vicini siamo diventati amici, così tanto che uno ci ha anche sposato.
Doveva essere il posto in cui avremmo vissuto non più di cinque anni, ci abbiamo trasferito la nostra intera vita.
Torino non sarà mai casa mia, ma Borgo Rossini sì.